La V.I.A. della perdizione

uomo incappucciato

E’ difficile spiegarvi perché siamo sempre più soli nel contrasto ai progetti come Ombrina, ma vale la pena provarci perché, come popolo abbiamo tecnicamente e teoricamente ancora il potere di decidere chi stare a sentire e poi a chi dare il voto.

Con lo Sblocca Italia il governo Renzi ha provato a fare ciò che non era riuscito ai governi precedenti: far scrivere le leggi dai petrolieri. Gli art. 36, 37 e 38 del DL 133 del 2014 infatti, contenevano tutto ciò che le lobby dell’energia potevano desiderare per trivellare il Bel Paese dal Golfo di Venezia a Lampedusa.

Poi, la reazione popolare, di cui l’Abruzzo è stata l’emblema indiscutibile con il movimento No Ombrina, ha costretto il governo a fare macchina indietro, inserendo nella legge di stabilità 2016 l’emendamento con il ripristino del limite delle 12 miglia.

Niente affatto scoraggiato, Renzi brandisce il Referendum costituzionale del 4 dicembre, per provare a cambiare le carte in tavola, inserendo tra le modifiche alla Costituzione, l’estromissione delle Regioni dalle decisioni riguardanti l’energia.

Come? Eliminando lo strumento della VIA regionale e consegnando al Comitato VIA nazionale la leva di comando che decide se si debba fare Ombrina o vattelappesca.

Peccato che in Italia il Comitato VIA nazionale è composto da arbitri parzialissimi: basti pensare che da quando esiste è sufficiente il dito di una mano per contare le volte in cui si è pronunciato contro progetti di qualunque tipo.

Vale la pena ingrandire questo aspetto perché è come se un tribunale chiamato a decidere su assoluzione o condanna decida sempre per l’assoluzione: sarebbe statisticamente allarmante, ma invece qui tutto tace, è la prassi, la consuetudine (!!!).

Renzi e il suo referendum sono stati trombati senza appello dal 60% degli italiani.

Che fa il suo vice Gentiloni? Crea una legge che di fatto ottiene lo stesso risultato agognato dal trombato referendum di cui sopra, senza nessuna considerazione della volontà popolare.

Il decreto lgs 104/2017, infatti, cancella le regioni dalle decisioni sui temi che riguardano l’energia, nonostante questa materia resti concorrente tra Stato e Regioni, sulla base dell’art. 117 della Costituzione.

Nel frattempo la Corte Costituzionale, all’inizio del mese di luglio 2017, a seguito dei ricorsi avanzati da cinque regioni, Abruzzo incluso, abroga, 10 anni luce dopo, la norma dello Sblocca Italia che permetteva al Ministero dello Sviluppo Economico di concedere in via esclusiva le autorizzazioni all’estrazione di idrocarburi liquidi e gassosi.

Gli iter legislativi a difesa del territorio hanno i loro tempi.

L’incostituzionalità della norma abrogata dall’Alta Corte dovrebbe per logica essere estesa anche all’attuale decreto sulla VIA nazionale in vigore anch’esso dall’inizio di luglio 2017.

E invece no. Si dovranno aspettare altri ricorsi, tra cui speriamo anche la Regione Abruzzo, ma nel frattempo il decreto ha effetto di legge e quindi, cari lettori pazienti per essere arrivati fin qui, i progetti presentati al vaglio del Comitato VIA nazionale potranno essere approvati senza ostacoli.

Fra qualche anno luce l’Alta Corte dirà che il decreto è incostituzionale, ma nel frattempo, un frattempo prezioso per le lobby petrolifere, ci ritroveremo come un’armata Brancaleone senza armi, a combattere i tanti progetti che ci stanno per piovere addosso, compreso la raffineria di Paglieta, con gli annessi pozzi sotto il lago di Bomba.

Da chi vi sareste aspettati il maggior contrasto al decreto? Dalle associazioni ambientaliste storiche state per dire!

No, vi sbagliate, perché Legambiente e WWF hanno scelto: la prima di essere soddisfatti e contenti per l’introduzione dello strumento del dibattito pubblico; la seconda un fragoroso silenzio.

A Legambiente vogliamo ricordare che la legge prevede il dibattito pubblico già dal 2006 (pur se opzionale e non regolamentata) e poi: come si coinvolgerebbero e informerebbero le popolazioni interessate dalla realizzazione di infrastrutture e impianti? Coinvolte e informate da chi? Chi informerebbe le popolazioni interessate? Loro? Lo Stato in persona com’è stato per Terna da noi? O l’Eni?

E poi che ce ne facciamo di un dibattito pubblico con la velocità impressa alle procedure proprio dal parere VIA “centralizzato”?

Non ci sarà il tempo di accorgersi della pioggia dei progetti in arrivo! Quali saranno i tempi per informare i cittadini rispetto alla procedura snellita a favore dei proponenti? È chiaro che è un modo per aggirare gli ostacoli.

Al WWF diciamo che il silenzio è l’equivalente di un clamoroso SI alle politiche ambientali del governo Renziloni.

Che altro aggiungere ragazzi: qui siamo alla frutta di un pranzo da morti di fame!

L’articolo di oggi sul Centro, che lustra le mostrine di questi “capitani coraggiosi”, vi apra definitivamente gli occhi sul vero ruolo delle associazioni ambientaliste storiche.

Del blitz a Rospo mare, operazione di esclusivo marketing, ce ne sbattiamo i cosiddetti, se si è contenti di una riforma che presterà il fianco a speculazioni selvagge con l’illusione del filtro che costituirebbe lo strumento del dibattito pubblico.

A questi sfugge, o peggio è chiarissimo, che siamo in Italia.

Il vero filtro, per quanto viziato da dirigenze corrotte, è la VIA regionale.

Cari amici, a voi le conclusioni, ma sembra che resti solo l’ambientalismo stoico.

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